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Omelia Parroco-Rettore Mercoledì delle ceneri 2013

Mercoledì delle ceneri

13 febbraio 2013

omelia



Nella mia riflessione che, come sempre, vuole essere una “paraklesis”, una esortazione su come vogliamo vivere la Quaresima quest’anno, voglio partire da una ricorrenza che riguarda il nostro Santuario.
Il 13 febbraio 1975 (38 anni fa) il nostro Santuario veniva elevato alla dignità di “Basilica Pontificia Minore” con una speciale bolla del Papa Paolo VI.
Questa elevazione mi ha riportato alla memoria, direi di più alla coscienza, una riflessione di don Tonino Bello che sinteticamente ve la voglio riportare.

«…alla fine di aprile, il santuario di Molfetta, dedicato alla Madonna dei martiri, con speciale bolla pontificia veniva solennemente elevato alla dignità di basilica minore.
La città ora in festa, e per il singolare avvenimento giunse da Roma un cardinale il quale, nella notte precedente la proclamazione, volle presiedere lui stesso una veglia di preghiera che si tenne nel santuario. Poi, prima di mandare tutti a dormire, diede la parola a chi avesse voluto chiedere qualcosa.
Fu allora che si alzò un giovane e, rivolgendosi proprio a me, mi chiese a bruciapelo il significato di basilica minore.
Gli risposi dicendo che «basilíca» è una parola che deriva dal greco e significa «casa del re», e conclusi con enfasi che il nostro santuario di Molfetta stava per essere riconosciuto ufficialmente come dimora del Signore del cielo e della terra.
Il giovane, il quale tra l'altro disse che aveva studiato il greco, replicò affermando che tutte queste cose le sapeva già, e che il significato di basilica come casa del re era per lui scontatissimo. E insistette testardamente: «Lo so che cosa vuoi dire basilica. Ma perché basilica minore?». Dovetti, mostrare nel volto un certo imbarazzo. Non avevo, infatti, le idee molto chiare in proposito. Solo più tardi mi sarei fatto una cultura e avrei capito che basiliche maggiori sono quelle di Roma, e basiliche minori sono tutte le altre. Ma una risposta qualsiasi bisognava pur darla, e io non ero tanto umile da dichiarare lì, su due piedi, davanti a un'assemblea che mi interpellava, e davanti al cardinale che si era accorto del mio disagio, la mia scandalosa ignoranza sull'argomento.
Mi venne, però, un lampo improvviso. Mi avvicinai alla parete del tempio e battendovi contro, con la mano, dissi: «Vedi, basilica minore è quella fatta di pietre, basilica maggiore è quella fatta di carne. L'uomo, insomma.
Basilica maggiore sono io, sei tu! Basilica maggiore è questo bambino, è quella vecchietta, è il signor cardinale. Casa del re!».
Il cardinale annuiva benevolmente col capo, Forse mi assolveva per quel guizzo di genio. La veglia finì che era passata la mezzanotte.
Fui l'ultimo a lasciare il santuario. Me ne tornavo a piedi verso casa, quando una macchina mi raggiunse e alcuni giovani mi offrirono un passaggio. Lungo la strada, commentammo insieme la serata, mentre il tergicristallo cadenzava i nostri discorsi.
Ma ecco che, giunti davanti al portone dell'episcopio, si presentò allo sguardo una scena imprevista.
Disteso a terra a dormire, infracidito dalla pioggia e con una bottiglia vuota tra le mani, c'era lui: Giuseppe. Sotto gli abbaglianti della macchina, aveva un non so che di selvaggio, la barba pareva più ispida, e le pupille si erano rapprese nel bianco degli occhi.
Ci fermammo muti a contemplare con tristezza, finché la ragazza che era in macchina dietro di me mormorò, quasi sottovoce: «Vescovo, basilica maggiore o basilica minore?».
«Basilica maggiore» risposi.  E lo portammo di peso a dormire».

Ecco il percorso di questa quaresima: una quaresima che ci faccia diventare “Basilica Maggiore”, cioè una comunità di persone che in Cristo sono capaci di relazioni autentiche, vere, mai di plastica. Ecco la sfida che è culturale ma anche spirituale, antropologica, ma anche ecclesiale.
Dobbiamo passare dalle relazioni di potere al potere delle relazioni.
Sì.
Il “potere” delle relazioni.
È questo il dono più bello che possiamo fare al mondo, al territorio: il dono della comunità, della comunione!
Siamo tornati alle tribù, ai clan nella società.
C’è una tribalizzazione della società.
Pensiamo a Bitonto, la nostra città, la città dei nostri bambini, dei nostri nonni. È una città piegata e piagata.
Una città che sembra aver perduto l’anima.
Recuperiamo il sogno di essere comunità.
La passione! Occorre mettere da parte rivalità, rancori, gelosie, invidie.
Superiamo ogni forma di individualismo, di autoreferenzialità.
Andiamo oltre le nostre “solitudini”.
Oltre le nostre tende, i nostri accampamenti, per essere una comunità responsabile, solidale ed esigente.
Voglia di comunità!
Una comunità di persone che “si” appartengono sul serio e non “liquidamene”, virtualmente.
Non comunità “social network” (immaginaria), ma comunità di “volti rivolti”.
Tornino i volti, le biografie, i vissuti nella solidarietà, nella condivisione.
Ricchi e poveri insieme; occupati e disoccupati insieme; sani e malati insieme. Ma nella condivisione. Nella comunione!
Nella lotta per la giustizia. per i diritti di tutti.
Questo è il sogno possibile!
Questa è la profezia del regno che è già venuto e che si compirà definitivamente.
Quali passi da compiere per essere Basilica maggiore, tutti.
La quaresima ce li propone.


1. Un primo passo: il deserto, quello nel quale Gesù ha passato 40 giorni di solitudine, o quello che ha attraversato il popolo di Dio camminando 40 anni.
Un numero simbolico che dice per-corso di conversione, di cambiamento reale.
Riscoprire, recuperare, il deserto nella nostra vita.
Il deserto come tempo di silenzio, di pensieri lunghi e profondi. Il deserto come “stazione”, fermarsi per riprendersi l’interiorità. un tempo maggiore per la preghiera.
Papa Benedetto (a cui va la nostra gratitudine, il nostro grazie per il suo pontificato, il nostro grazie per la sua umiltà e libertà espressa nella scelta delle dimissioni) ha ripetuto spesso: «Il cuore della Chiesa non è dove si progetta, si amministra, si governa, ma è dove si prega».
Il deserto per fare verità dentro di sé per un cammino di autenticità.
Un deserto per prendere la “distanza” da tutto, per capire: chi sono diventato e dove sta andando la mia vita.
Un tempo per volgersi a Dio e recuperare la sua somiglianza, al sua immagine.
Accettare il suo perdono e scambiarcelo per recuperare la bellezza delle nostre relazioni.
Senza perdono non c’è fiducia, non c’è futuro per nessuno.
La mancanza di perdono rende prigionieri i nostri cuori, li rende rancorosi e ci rende incapaci di andare oltre.

2.Un altro passo: il digiuno.
Quale digiuno?
Un digiuno per scoprire che l’uomo non è a una dimensione. Non di solo pane vive l’uomo.
Il pane è necessario per tutti.
A nessuno manchi il pane. Ricordiamo la condivisione dei pani di Gesù nel deserto.
Il digiuno, allora, ci apra alla condivisione e al discernimento tra essenziale ed eccedente (superfluo) ma al tempo stesso ci faccia recuperare la fame di giustizia, della vera libertà, la fame della trasparenza.
IlPapanel messaggio per la Quaresima di quest’anno (vi invito a leggerlo: è molto bello) riflette sul rapporto tra fede e carità.
La fede come risposta all’amore di Dio e la carità come vita nella fede.
Il Papa afferma la priorità della fede e il primato della carità e ci invita a rifuggire sia dal fideismo che dall’attivismo moralista.

Deserto e digiuno due passi sincronici che possono aiutare a recuperare l’armonia perduta.
Quell’armonia tanto necessaria quanto urgente.
La quaresima suoni la sveglia alla nostra esistenza spesso dopata, narcotizzata, addormentata.
Osiamo in questa quaresima, volgendo il nostro sguardo a Cristo che ci manifesti il Padre che ci accoglie, facendoci sperimentare una tenerezza di figli.
Buona quaresima a me, a te, a noi.
Buona quaresima a tutti.


don Ciccio Savino - Parroco-Rettore


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